Volevo solo dipingere i girasoli di Fabrizio Altieri - Sara Rossetti




Cari amici lettori,

quest’anno mi sono ritrovata a leggere “Volevo solo dipingere i girasoli” di Fabrizio Altieri (sono onorata di aver partecipato, inoltre, ad un suo incontro online, è un autore molto simpatico!).

Il libro è edito da “Piemme”, collana “Il battello a vapore”, al prezzo di €16,50. La prima pubblicazione risale al 2021, Milano.

Lo scrittore è nato a Pisa nel 1965, si è laureato in Ingegneria meccanica e attualmente insegna in un Istituto professionale. Ha iniziato a scrivere all’età di quindici anni e a pubblicare nel 2006 storie per ragazzi e bambini. 

Tra i suoi libri usciti per Piemme ci sono: - “Lo strano caso della libreria Dupont” - “L’uomo del treno” - “Ridere come gli uomini” - e “L’investigatore che non esisteva”.

La storia  si apre con la presentazione di due personaggi tanto diversi, ma uniti da un vincolo di forte amicizia. Sergio, fascista, e Aldo, partigiano.

 I loro figli , Agostino e Stefano,  si conoscono ed instaurano un bel rapporto: stanno sempre insieme, amano andare a pescare, sentono di nascosto la musica americana (di cui apprezzano l’atmosfera, dato che non capiscono il senso del testo) e trascorrono molto tempo alla stazione a guardare i treni che passano. 

Ed è proprio in uno di quei pomeriggi, vedendo un vagone che non trasportava merci o bestiame, bensì persone, sorgono loro diverse domande, in particolare sulla destinazione dei vecchi, dei bambini, delle donne… Incuriositi, quindi, si avvicinano ad essi e notano che dalle loro mani cade una nevicata di bigliettini di speranza, di testimonianza. Stefano, accompagnato dall’amico, decide di volerli consegnare ai possibili parenti. Così trovano Erica, una loro coetanea, ebrea, che era riuscita a scappare dalle persecuzioni naziste. I due ragazzi devono fare una scelta su come comportarsi con questa strana ragazza che , invece di parlare, scrive e dipinge…

Quello che mi ha colpita di questa storia è ciò che l’autore dissemina tra le righe, qualcosa di potente e intenso come l’amicizia che nasce tra i protagonisti. 

Nella facoltà della bambina di dipingere le cose che vede non come siano nella realtà, ma come lo erano prima della guerra,  ho scorto una metafora: c’è un rimando all’idea di giustizia della vita, dell’infanzia, e alla potenza della Bellezza. 

Uno scorcio così abituale per Stefano e Aldo viene immortalato sulla tela da Erica e la loro prospettiva cambia. Lei riesce a vedere oltre le distanze del tempo, oltre la sua azione di erosione e decadimento, restituendo la bellezza a quei luoghi; è un talento incredibile. La capacità di Erica (quasi magica) nel dipingere, richiama la forza evocatrice e salvifica dell’Arte la quale, attraverso il potere che possiede, riesce a rendere al mondo la Bellezza che ciascuno vorrebbe vedere. L’autore sceglie di non far parlare questo personaggio perché il senso di  cio’ che esprime, non è nelle parole, ma nelle immagini.

Il tutto è raccontato con parole semplici che risultano potenti.

 Lo stile di Altieri riesce ad avvicinare le atmosfere di paura, di angoscia, provate dagli adulti a quel bisogno di spensieratezza che i protagonisti giovani sentono; il suo linguaggio si adatta al pubblico di riferimento.

Il testo è scorrevole, si alternano descrizioni, dialoghi e sequenze narrative e riflessive. 

Leggendo il libro ho pianto, è stato inevitabile, perché le atrocità della guerra vengono  raccontate attraverso lo sguardo di questi ragazzi che cercano una “normalità“ nel buio della loro esistenza.

L’autore mette i due amici di fronte ad una realtà dolorosa e difficile da comprendere: è il mondo adulto che si scontra con quello dei giovani attraverso il prendere coscienza di azioni così macabre che solo la Guerra può determinare.

Mi sono commossa quando l’amicizia è stata tanto forte da far girare la sedia di un amico che sta per essere fucilato, per permettergli di riempire  il suo ultimo sguardo di mare; ho provato rabbia per la cattiveria del Mosca, per le speranze e i sogni distrutti. “La Guerra aveva trasformato tutti, e quasi mai in persone migliori.”

Agostino, Stefano, Erica sono forti, ma lei lo è più di tutti: il Cielo Stellato, quello che non era riuscita a dipingere, giunge come dono inaspettato per gli amici che l’hanno persa. A voler significare, con parole mai dette: "…questo non potranno portarmelo via!". 

                                                                                                                                                                 Sara Rossetti


Commenti

Post popolari in questo blog

Sofia e Flavia della 1^C raccontano l’ultimo gruppo di lettura